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Arte rupestre della Valcamonica

In questo articolo andiamo in Valcamonica, a vivere un’esperienza fra natura e preistoria. 

Le incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo

Ascolta l’articolo nel podcast:

Foto di Luca Giarelli 

Durante questa gita cammineremo sulle tracce dell’uomo, dotato di talento creativo, che visse da queste parti millenni fa e che lasciò a noi qualcosa di simile a un suo diario pieno di preziosi disegni.

I percorsi di arte rupestre abbracciano ben tre comuni, situati dai 421 ai mille metri sul livello del mare. Solo uno dei tre percorsi è di media difficoltà, gli altri sono semplici, ma non adatti ai passeggini e alle persone con ridotte capacità motorie.  

Si cammina tra boschi di querce, di pioppo tremulo, betulla, càrpino nero, di orniello e di pino silvestre, ma dopo si scoprono anche i castagneti e le irresistibili bontà create utilizzando il pane dei poveri, del Consorzio della Castagna.

Dove vedere le incisioni rupestri in Valcamonica?

Il punto di partenza ideale è quella del borgo di Nadro, una frazione del comune di Ceto, dominata da una torre di granito alta circa 30 metri. Qui, in una casa padronale cinquecentesca ha sede il Museo didattico dedicato all’arte rupestre.

Dopo la visita al museo, sarà un’antica stradina acciottolata a condurci fuori dal centro storico, all’area archeologica di Foppe. Le altre due aree estese da poter visitare durante le escursioni sono quelle di Campanine di Cimbergo e di Paspardo.

La Riserva include ben 555 rocce istoriate, ma per ragioni di conservazione e tutela, non tutte sono visitabili.

Ma veniamo al diario grafico dei nostri antenati.

Valle Camonica: pitture rupestri o graffiti?

Quelle che vediamo sono delle rocce istoriate, ovvero una sorta di storytelling che parte intorno al quinto millennio a.C., ma che non si limita alla preistoria, anzi, arriva addirittura fino all’era cristiana.

Uno degli aspetti più affascinanti di questa Riserva è proprio questo. Le rocce appaiono come un grande foglio su cui lasciarono i loro disegni e scritte un po’ tutti quelli che ci passavano, per millenni.

Addirittura dopo secoli di interruzione dovuta, chissà, magari a una crisi creativa degli abitanti del territorio, l’attività di incidere le rocce a un certo punto riprese nuovamente.

Chi arrivava dopo, non cancellava i disegni di chi c’era stato prima, ma aggiungeva i propri. Così oggi possiamo ammirare delle lastre di pietra incise in parte dall’uomo preistorico, e in parte da personaggi colti di provenienza ecclesiastica.

Foto di Luca Giarelli 

I disegni dell’uomo nel corso della storia

Ma che tipo di quadro esce da questa curiosa collaborazione, tra virgolette?

Beh, ognuno scrisse, disegnò e incise la sua.

Ci sono le classiche figure di animali, come i cervi, ma c’è anche il cervo cavalcato dall’uomo, oltre al cavallo cavalcato dall’uomo.

Ci sono uccelli molto ben dettagliati, e ci sono i bucrani, ovvero i crani di bue.

Possiamo farci un’idea pure delle armi brandite dagli artisti delle incisioni, quando andavano a caccia, ma anche quando affrontavano un duello.

Vediamo scene di aratura, tante figure di capanne, e innumerevoli impronte di piede.

Queste ultime potrebbero avere a che fare con dei rituali di iniziazione dei guerrieri, ma potrebbero anche rappresentare, in una chiave di lettura più pacifica, degli ex-voto.

Animali, armi, piedi, e un’inaspettata croce cristiana che spunta da qualche parte sul quadro.

La rosa camuna tra mistero e arte

Alcuni disegni, come il labirinto osservabile nell’area di Campanine, evocano il mistero e fanno balzare in mente, anche se in maniera scientificamente impropria, le terre lontane delle linee di Nazca.

Quasi a volerci raccontare l’origine di queste opere d’arte rupestre, nel quadro si distingue un personaggio con lunga veste e flauto, ma anche un altro che sembra appoggiarsi a un bastone.

I messaggi di chi realizzò le incisioni ci giungono anche in forma di iscrizioni in alfabeto camuno, una variante dell’alfabeto nord-etrusco, presente in Valcamonica sin dal V secolo a.C.

Nell’area di Foppa c’è una breve scritta che gli studiosi hanno decifrato carattere dopo carattere, e hanno stabilito che si legge ZAZIAU.

Non sappiamo cosa significasse per i camuni la parola ZAZIAU, ma sappiamo con certezza che amavano i fiori come noi. Ecco allora la presenza, su molte rocce istoriate, della rosa camuna, oggi simbolo, nella sua forma stilizzata, della Regione Lombardia.

Foto di Luca Giarelli 

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